Naziskin, pangermanisti & antisemiti 1
Strano posto il Sudtirolo.
Dopo il prevedibile successo elettorale di Haider alcuni giornalisti sono venuti in Sudtirolo, chiedendosi e chiedendomi se quel fatto potesse in qualche modo avere delle conseguenze nella nostra provincia, fortunatamente autonoma ma altrettanto fortunatamente non autarchica.
Al giornalista dell'”Herald Tribune” che mi chiedeva del rischio di un’ondata di separatismo etnico, ho spiegato che in Sudtirolo, dopo i goffi e fortunatamente non riusciti tentativi dello Stato centralista – quello fascista e quello repubblicano fino al 1972 -, di assimilare o affogare i sudtirolesi in un mare di italiani ed italianita’, da 30 anni vige uno statuto di autonomia per la difesa delle minoranze etniche nazionali che non ha nulla di simile al mondo, che si basa proprio sulla quotidiana rivendicazione di una autonomia etnica rispetto allo Stato. Quindi l’etnofederalismo per il Sudtirolo non costituisce un rischio potenziale, ma ne e’ una delle principali caratteristiche.
Al giornalista di “Le figaro'” che mi chiedeva del rischio di un’ondata di antisemitismo, ho spiegato che in Sudtirolo, dopo la nascita e lo sviluppo della Comunita’ israelitica di Merano nella seconda meta’ dell’Ottocento, questa si e’ incrementata quantitativamente ed arricchita qualitativamente nella seconda meta’ degli anni Trenta del Novecento, con l’arrivo di ebrei germanici ed austriaci che fuggivano dalle leggi razziali/razziste. Questi ebrei stranieri sono rimasti in Alto Adige anche dopo l’emanazione delle leggi razziali/razziste italiane del 1938, e si sono trasferiti soprattutto conseguentemente all’accordo delle opzioni, che prevedeva il trasferimento coatto di tutti gli stranieri residenti in Sudtirolo. Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale la maggior parte degli ebrei sudtirolesi e’ riuscita a fuggire tempestivamente, anche perche’, si sa, l’efficienza dello Stato italiano non e’ veramente esemplare, nel bene e nel male. Dopo l’8 settembre del 1943 un’altra amministrazione, con l’appoggio entusiasta della popolazione locale, quella popolazione che dopo il 1945 si e’ presentata innanzi alla Storia come doppia vittima delle dittature, quella fascista e quella nazista, ha affrontato e risolto definitivamente la questione della presenza degli ebrei sudtirolesi. Quindi l’antisemitismo per il Sudtirolo non costituisce un rischio potenziale, ma ne e’ stata una delle principali caratteristiche.
Dopo recenti fatti di cronaca la stampa di lingua italiana, non solamente quella locale, si chiede – e spesso mi chiede – se esiste un rischio per la convivenza in Sudtirolo dovuto al diffondersi del movimento dei naziskin e della loro cultura. Col mio solito stile beffardo rispondo che questo rischio esiste veramente: in Alto Adige c’e’ anche, ad esempio, chi propone di gasare gli ebrei, di riunire le popolazioni tedesche e creare una regione etnicamente omogenea. A proporre questi progetti politici non sono pero’ solamente ragazzotti emarginati e gonfi di birra, ma anche consiglieri provinciali, non solamente appartenenti ai partiti di opposizione, che possono quindi investire centinaia di milioni in progetti tendenti a ri/costruire identita’ etniche mitizzate e mitiche, per loro.
Strano posto il Sudtirolo.
Dei ragazzotti gonfi di birra che inneggiano alla loro etnia – con ritualita’ non a caso simili a quelle che caratterizzano gli ultra’ “sportivi” delle metropoli – attirano l’attenzione preoccupata dei mass media. Dei politici di professione – che ricoprono anche cariche istituzionalmente importanti -, che basano le loro fortune personali e politiche proponendo continuamente l’ossessione dell’identita’ etnica (il riuscitissimo Sammelpartei e i fortunatamente abortiti Partiti degli italiani), ripropongono l’attenzione solamente ai periodi storici mitizzati in cui il proprio gruppo era l’unico abitante di questo territorio (l’epoca dei Romani o il basso Medioevo), eliminano o cercano di eliminare la toponomastica bilingue (all’inizio degli anni Venti ed all’inizio del XXI secolo d. C., sic!), vengono considerati normali dagli appartenenti allo stesso gruppo linguistico e dei fanatici nazionalisti quando dicono le stesse cose, ma in una lingua diversa. Forse e’ anche per questo motivo che da oltre venti anni si e’ deciso di non definirla piu’ “lingua straniera”, ma “seconda lingua”.
Bolzano, 1° settembre 2000.
Giorgio Delle Donne
1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 2 settembre 2000