La vittoria, la sconfitta, il pareggio 1
Ad oltre ottanta anni dalla fine della prima guerra mondiale, quella che doveva essere una Blitzkrieg ed invece si e’ protratta per anni in trincea, e a meno di ottanta giorni dall’inizio della prima guerra postmoderna del 21° secolo, che si sviluppa contro i simboli, sui media, con i batteri, a Bolzano e’ scoppiata nuovamente la guerra dei nomi.
Non parliamo dei nomi di luogo, la toponomastica, ma dei nomi delle strade, l’odonomastica. A parte i batteri, gli altri elementi ci sono tutti: nazionalisti di entrambe le parti, in trincea da anni, guerra dei e sui simboli, lotta sui media.
In trincea, da anni, e’ il consigliere comunale SVP Ellecosta, entrato in consiglio comunale nel 1969, con la corrente di Dietl, considerato uno contrario al “Pacchetto”. Durante il dibattito che porto’ alla decisione di cambiare il nome della Piazza della Vittoria in Piazza della Concordia, nel giugno del 1971, affermo’ che, “contrariamente a quanto scritto sul Monumento della Vittoria, l’Italia non porto’ in Sudtirolo la cultura, ma la feccia”, causando una polemica che si trascino’ per mesi. Molto attaccato ai simboli, fu in prima linea nella lotta per riportare nella omonima piazza la Statua di Walther, spostata nel 1935 “per problemi legati alla viabilita’”, con una delibera podestarile che anticipava lo stile dell’attuale governo di centrodestra nei confronti della minoranza sudtirolese, ed ha in seguito collezionato una serie di vere perle dell’aneddotica locale della convivenza, come quella dello scorso anno, quando defini’ la consigliera comunale verde sudtirolese Rungger una ex sudtirolese, perche’ non SVP. Per ribadire il concetto che l’idiozia ed i “ragionamenti” dei nazionalisti sono uguali ovunque, ed e’ un vero peccato che siano espressi in lingue diverse, altrimenti scoppierebbe improvvisamente la pace, ricordiamo che, pochi anni prima, gli ex neo ora post fascisti dicevano che Viola era un ex italiano, perche’ auspicava una collaborazione con l’SVP.
Il Soldatenzeitung, il giornale dei soldati sudtirolesi in trincea, quelli che non si sono ancora accorti che hanno vinto la guerra anche perche’ il nemico si e’ suicidato, per motivi e con strumenti diversi, da tempo, l’altro giorno ha applicato la proporzionale all’odonomastica bolzanina, gridando allo scandalo: perche’ tutti quei nomi di citta’ italiane, cosi’ lontane dalla nostra realta’? Perche’ non intitolare alcune strade alle citta’ di Monaco o Innsbruck, hanno fatto eco il vecchio re Magnago e il nuovo imperatore Durnwalder.
Dalla trincea del consiglio comunale Ellecosta ha tuonato contro il centrosinistra, colpevole di avere approvato una mozione degli ex neo ora post fascisti nella quale si proponeva di intitolare una strada alle vittime delle foibe, considerate da alcuni delle vittime del comunismo, da altri dei colpevoli collaborazionisti dei nazifascisti, minacciando una crisi di giunta, ricordando implicitamente la vecchia massima di Magnago secondo la quale in politica bisogna chiedere la luna per avere un piatto di crauti. La luna in questo caso era una revisione complessiva dell’odonomastica cittadina, il piatto di crauti era il cambiamento del nome della Piazza della Vittoria, come deliberato nel 1971. E chi puo’ dargli torto? Proviamo a vedere chi puo’ dargli torto e chi puo’ dargli ragione.
Puo’ dargli ragione chi pensa che gli accordi politici vadano rispettati anche se siamo in Italia, dove gli accordi politici e le persone che li firmano spesso non vengono rispettati, e che la convivenza nelle zone di confine richieda continuamente una sensibilita’ particolare nei confronti dei sentimenti nazionali, non solo del proprio sentimento nazionale, come ammoniva Spinelli 40 anni or sono nel discorso pubblicato opportunamente ieri su questo giornale, e quindi sostiene che mantenere l’intitolazione di una piazza alla vittoria di uno dei gruppi coesistenti, coincidente con la sconfitta dell’altro, sia un motivo di scontento per una parte della popolazione, nel caso specifico quella parte che e’ minoranza nazionale, maggioranza provinciale, minoranza comunale.
Puo’ dargli torto chi pensa che in politica vince la maggioranza e quindi e’ giusto difendere nella citta’ di Bolzano, l’unica a maggioranza italiana dell’intera provincia, la piazza ed il monumento che sono sempre stati considerati i simboli dell’italianita’ e degli italiani, perche’ in questa terra l’italianizzazione e la fascistizzazione sono stati fenomeni coevi e correlati, con la creazione di simboli potenti anche se fasulli, come gli ossari nelle zone di confine, e crede che il cambiamento dell’intitolazione della piazza o la modifica del monumento sia un motivo di scontento per una parte della popolazione, nel caso specifico quella parte che e’ maggioranza nazionale, minoranza provinciale, maggioranza comunale.
Puo’ dargli contemporaneamente torto e ragione chi pensa che certe proposte, di per se’ giuste, debbano essere pienamente condivise; che non si possa rivendicare il diritto alla tutela delle minoranze per poi governare usando solamente la forza dei numeri, come accade spesso in Provincia ed in provincia, anche da parte di sindaci della Bassa Atesina che proprio leggendo il proprio cognome ogni volta che firmano le delibere con le quali cancellano la toponomastica italiana dovrebbero ricordare le proprie origini e rispettare quella parte della popolazione che, pur con le stesse origini, ha fatto scelte politiche e culturali diverse, perche’ le identita’ collettive di carattere nazionale non sono dati biologici ma continue scelte politiche e culturali, piu’ o meno coerenti e/o convenienti. Puo’ dargli torto e ragione chi ricorda che da vent’anni i partner delle giunte provinciali e comunali che l’SVP coopta sono i meno rappresentativi degli italiani, perche’ questi ultimi, sbagliando, da vent’anni votano massicciamente in un’altra direzione, e quindi non sono legittimati a prendere decisioni di questa portata, che vanno prese quando nessuno si sente escluso dai centri della decisione politica.
Se la vittoria degli uni coincide con la sconfitta degli altri, scelte di questo tipo o cambiamenti radicali delle regole del gioco si possono fare solamente nelle situazioni di parita’, di equilibrio dei poteri, di pari dignita’ tra i gruppi. Oppure vanno prese come atti si’ unilaterali, ma di disarmo, non di aggressione e imposizione, e sarebbe auspicabile una presa di coscienza da parte degli altoatesini dell’assurdita’ della maggior parte della toponomastica italiana e del fatto che alcuni nomi di strade possono offendere la sensibilita’ nazionale dei sudtirolesi, come sarebbe auspicabile una presa di coscienza da parte dei sudtirolesi del fatto che la tutela delle minoranze dovrebbe accompagnarsi continuamente con la valorizzazione di tutte le minoranze, anche di quelle locali nazionalmente maggioritarie, della democrazia e dell’autonomia progressiva.
Chi ha sempre voluto imporre esclusivamente i propri simboli, non accanto ma al posti degli altri, pensando che sui pennoni ci sia posto solamente per una bandiera, la propria; che sui cartelli ci sia posto solamente per una toponomastica, la propria; che l’unico ente sovrano debba essere quello dove un gruppo e’ maggioritario, il proprio, alimentando un nazionalismo reciproco e diffusissimo nonostante l’opulenza, nega non solo il passato ma anche il presente ed il futuro di questo territorio.
In un’epoca nella quale non piu’ la nazione ma la rivendicazione del diritto di autodeterminazione degli stili di vita e’ il vero “plebiscito di ogni giorno”, la nostra autonomia e la sua ricchezza deve moltiplicare le opportunita’, non semplificare la complessita’.
Non piu’ Piazza della Vittoria quindi, ma Piazza del Pareggio.
Bolzano, 3 novembre 2001.
Giorgio Delle Donne
1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 4 novembre 2001.