Per chi votare, perché votare? 1
Tra le meravigliose scritte sui muri di Bologna nel mitico 77, il cui ricordo continua ad affascinarmi quasi quanto le gambe delle donne, ne ricordo una, attribuita a Lenin, che pressappoco diceva cosi’:
“La democrazia borghese ti consente solamente di scegliere tra quello che c’e’. La democrazia dei rivoluzionari ti consente di scegliere anche tra quello che non c’e'”.
Non ho mai verificato la correttezza filologica della citazione, ma mi e’ sempre piaciuta moltissimo come definizione di democrazia, cosi’ come mi e’ sempre piaciuta la famosa definizione marxiana, verificata e verificabile, secondo la quale:
“Il comunismo e’ il movimento reale che supera lo stato presente delle cose”.
Cresciuto con questi ideali e con una concezione del presente come conseguenza del passato, ma sperando che il futuro possa essere modificabile sulla base di progettualita’ presenti, ho sempre sperato che questa terra potesse rapportarsi con una “memoria aperta” rispetto al passato, che ci/si deve ricordare ma non bloccare, ed una “progettualita’ aperta” riguardante il futuro. Per questo motivo ho sempre ritenuto che l’autonomia provinciale dovesse trasformarsi, nel corso del tempo, da uno strumento importante per la difesa delle minoranze linguistiche nazionali in uno strumento importante per l’autogoverno delle popolazioni locali, anche di quelle localmente minoritarie pur essendo nazionalmente maggioritarie, anche degli ultimi arrivati, per uno sviluppo continuo dell’autonomia e della democrazia, di tutti. Questa e’ la mia concezione di “autonomia dinamica”, che non deve semplicemente significare spremere lo Stato italiano come un limone in nome delle minoranze per poi gestire le competenze ed i finanziamenti in base ai rapporti di maggioranza, infischiandosene allegramente delle scelte politiche dei gruppi localmente minoritari e della rappresentativita’ dei loro esponenti politici.
Da sempre impegnato politicamente, non ho mai fatto alcuna tessera di partito ed ho sempre votato, pur senza eccessivi entusiasmi, DP, PCI e PRC, fino all’applicazione del nuovo sistema elettorale maggioritario per le amministrative e le politiche. Da allora il centrosinistra locale si pone come baluardo contro la crescita della destra candidando sempre, in nome delle “pari opportunita’” e della “par condicio”, un uomo democristiano quando c’e’ la sicurezza matematica di vincere, come nelle elezioni comunali di Bolzano, e una donna verde quando c’e’ la sicurezza matematica di perdere, come nelle elezioni comunali di Merano.
Alle politiche nell’unico seggio dove c’e’ qualche speranza di venire eletti il centrosinistra candida un democristiano, mentre nei collegi che vengono visti anche dagli stalinisti bulgari come un modello da raggiungere vengono candidati uomini di sinistra, a volte anche donne e, incredibile ma vero, anche sudtirolesi verdi, per fingere che il centrosinistra non sia solamente maschile e italiano, fingendo di non sapere che le donne e soprattutto i sudtirolesi non SVP sono oramai presenti politicamente solamente nel movimento verde che non a caso, nelle realta’ periferiche, a fatica riesce ad accettare l’accordo elettorale Ulivo-SVP.
Io francamente continuo a pensare che la democrazia elettorale non possa imporre di votare un ex democristiano per non votare un ex neo fascista. Per quanto riguarda le elezioni politiche, oltre alle considerazioni valide nelle altre regioni d’Italia, per cui se il sistema maggioritario ha un senso lo puo’ avere solamente se preceduto da elezioni o consultazioni primarie locali, a livello locale le due maggiori alleanze politiche hanno presentato per il seggio della Camera di Bolzano due candidati assolutamente estranei al territorio, imposti da trattative giocate sui tavoli romani e/o trentini. I trentini hanno ancora una volta dimostrato un egoismo politico che potrebbe anche divertire se non dimostrasse e anticipasse con assoluta evidenza che il problema italiano non e’ solamente quello della crisi del centralismo statale, ma e’ soprattutto quello della crisi della politica in quanto capacita’ di governo: con l’autonomia ed i finanziamenti che hanno, e senza il problema etnico dell’Alto Adige, dovrebbero essere un modello di federalismo, ed invece sono patetici quando scimmiottano l’SVP dal punto di vista politico e culturale e quando propongono di garantire un consigliere provinciale per ogni valle… “a difesa dell’identita’ trentina e delle minoranze etniche del Trentino”, ignorate per cinquanta anni. Anche il concetto dell’autonomia dei trentini e’ abbastanza contraddittorio: assoluta autonomia da Roma, quando si tratta di subire Mattarella a Trento; assoluto centralismo quando si tratta di imporre Bressa e Messner a Bolzano. Tutti ricordano come e perche’ e’ fallito lo Statuto del 1948.
Ma questo atteggiamento contraddittorio per fortuna e purtroppo caratterizza tutti i gruppi linguistici e politici di questa regione. I gruppi linguistici rivendicano l’autonomia solamente per l’istituzione nella quale sono assoluta maggioranza, sia essa lo Stato, la Regione, la Provincia, il Comune ed anche la Circoscrizione se e’ il caso, come e’ accaduto recentemente a Bolzano in via Ortles, mentre le coalizioni politiche a livello locale praticano una politica che spesso e’ l’opposto di quella praticata in altre realta’.
Nelle altre regioni dell’Italia settentrionale la Lega Nord teorizza e rivendica, spesso con toni razzistici, autonomismo, federalismo e separatismo come se fossero dei sinonimi; Alleanza Nazionale, il piu’ centralista/statalista dei partiti italiani, ultimamente parla anche di federalismo, forse ricordando che i segretari del loro partito qualche anno orsono si chiamavano “Federali”; Forza Italia auspica la privatizzazione selvaggia dei servizi sociali. Il tutto in nome dell’etnofederalismo e auspicando la gestione della politica da parte di un uomo forte, un governatore.
Questa politica nelle altre regioni italiane viene giustamente avversata dal centrosinistra, che invece a livello locale accetta una logica simile attuata dal partito etnico locale. E’ pur vero che i sudtirolesi non sono come i veneti o i lumbard, ma anche le identita’ nazionali di minoranza, come quelle regionali, sono spesso un’invenzione o, per essere meno brutale, delle costruzioni frutto di continue scelte politiche attuate nel campo culturale dell’agire collettivo, e qualcuno dovrebbe spiegarmi perche’ in Alto Adige e’ giusto, nel XXI secolo, distribuire posti di lavoro e finanziamenti, in altre parole le “chanche di vita”, in base all’appartenenza etnica ed all’anzianita’ di residenza, mentre queste cose proposte nel Lombardo-Veneto fanno giustamente inorridire.
Per dare un’idea del diverso atteggiamento politico/territoriale, e’ appena il caso di ricordare che la sinistra in Italia ha sempre combattuto anche per l’affermazione dei diritti individuali, mentre qui al paese ha accettato che i diritti delle minoranze nazionali andassero spesso a sfavore della minoranza locale e, soprattutto, dei diritti individuali e della democrazia. Mentre in Italia si discute se legittimare le coppie gay in Alto Adige non si riconoscono i diritti delle coppie bilingui e dei loro figli; mentre in Italia si combatte contro Berlusconi e la sua politica in Alto Adige si accetta che la famiglia Ebner controlli il partito che raccoglie il 90 % dei voti dei sudtirolesi, tutti i mass media letti dagli stessi e nomini anche i giudici del TAR, e vi risparmio il solito piagnisteo sull’autonomia delle scuole, la toponomastica, il censimento, ecc.
Questa anomala situazione é ancora una volta la conseguenza della storia.
Della storica incapacità del centrosinistra e del centrodestra di stabilire la demarcazione tra il diritto di rispettare i sentimenti nazionali e un atteggiamento nazionalistico; di distinguere l’integrazione dall’assimilazione; la critica alla gestione dell’autonomia dall’antiautonomismo/filostatalismo.
Della storica incapacità del centrosinistra di vedere i limiti della gestione etnocentrica della politica del 2° Statuto; della storica incapacita’ del centrodestra di vederne le potenzialità di sviluppo anche per gli altoatesini.
Tutto questo e’ anche una conseguenza di uno Statuto scritto agli inizi della seconda meta’ del secolo scorso, frutto di una concezione biologica dei gruppi etnici e statica della società, con alcune norme allora importanti ma ora obsolete, che era funzionale ad una forma di rappresentanza politica nelle forme di grossi partiti di raccolta etnici. Con una sostanziale differenza: mentre l’SVP e’ riuscita a trasformarsi nel corso del tempo da partito di difesa e di lotta a partito di governo, la DC altoatesina, a differenza di quella trentina, non ha saputo sfruttare le rendite di posizione che lo Stato, la Regione e lo scambio politico gli potevano offrire. Quando, agli inizi degli anni Ottanta, il MSI, da sempre antiautonomista ed antitedesco, e’ diventato il partito di raccolta degli altoatesini, e’ sorto un caso politico rilevante, ma se la DC fosse diventato il “Sammelpartei” degli altoatesini, sarebbe stata un’ovvietà.
Da allora, alla faccia della rappresentanza e della rappresentatività, la rappresentanza politica degli altoatesini e’ formata da un coacervo di partiti/persone che non hanno ne’ seguito elettorale ne’ progetti politici rilevanti, ma che si offrono ad ogni elezione provinciale ed amministrativa con il prezzo più basso al collo, “in nome della convivenza e con spirito di servizio”.
Per questo si meritano l’Oscar della convivenza/connivenza, e l’SVP, che ha una buona memoria di quello che la DC ha fatto quando controllava lo Stato e la Regione, ha premiato questi partner fedeli dando loro l’Oskar. Un Oskar che per il proprio cognome potrebbe quasi sembrare un italiano e per come ha gestito la sua carriera politica – soprattutto l’ultima legislatura e la creazione del fondo pensionistico regionale che gli garantisce, tra pensione e prebende, 400 milioni l’anno -, potrebbe quasi sembrare un democristiano. Un Oskar che strizza l’occhio ai Freiheitlichen, i quali forse ricordano che quando era Obmann della Junge Generation questa proponeva la spartizione etnica della citta’ di Bolzano: gli italiani alla destra del Talvera ed i sudtirolesi alla sinistra, e cita disinvoltamente Langer, insieme al suo collega Bressa, che dice in italiano le cose che vuole l’SVP, che ricorda che l’art. 19 e’ un diritto ma non un dovere e che e’ importante garantire a ognuno la propria toponomastica, facendo finta di non conoscere la devastante prassi decennale dell’SVP in questi delicati settori. Qualcuno dovrebbe spiegarmi perche’ lui rappresenta “un’opportunita’ per cambiare la politica di questa terra” mentre Viola, che diceva le stesse cose con meno abilita’ e piu’ onesta’ politica, senza ammiccamenti, senza inventarsi tavoli di finto confronto, era un “venduto, italiano rinnegato”.
E, dall’altra parte, candidati che fino a ieri erano contro i tedeschi e l’autonomia; che accettano la proporzionale solamente ora, perché, secondo loro, garantisce gli altoatesini contro l’arroganza degli enti locali in mano i tedeschi, mentre quando garantiva i sudtirolesi contro l’arroganza della Regione e dello Stato in mano agli italiani era uno strumento razzista. Nazionalisti che godevano quando il governo Berlusconi aveva annunciato tagli al bilancio provinciale, peraltro non a caso mai effettuati realmente, e che non vedono l’ora di “riequilibrare” la situazione, a favore degli altoatesini, portando avanti una logica uguale e contraria alla concezione revanchista dell’autonomia, egemone ma non unica nell’SVP, che e’ stata la causa del sostanziale fallimento di questa autonomia tra gli altoatesini.
Cosa accadrà dopo il voto del 13 maggio? A livello nazionale la Confindustria e’ ben pronta ad accettare l’una o l’altra coalizione, purché faccia i propri interessi. Il saggio Agnelli ha ricordato piu’ d’una volta che solamente una coalizione di centrosinistra poteva iniziare a tagliare lo stato sociale, soprattutto il sistema pensionistico, ed a privatizzare senza l’opposizione dei sindacati, oramai filogovernativi.
A livello locale l’SVP, partito pragmatico al cui interno sono rappresentate le diverse componenti della società sudtirolese e degli orientamenti politici che, nelle altre parti del mondo, si manifestano in partiti anche molto diversi, non farà altro che mettere in evidenza la componente più opportuna per rapportarsi con la maggioranza di governo a Roma, finche’ Roma ha ancora qualcosa da dire e da dare, sia essa il centrosinistra o il centrodestra, ed alle prossime elezioni provinciali si prenderà in giunta esponenti di quei partiti che le potranno garantire buoni contatti con Roma. Se sara’ ancora il centrosinistra le cose continueranno come sono andate negli ultimi trent’anni, e continuera’ la lenta, costante e dorata agonia quantitativa e qualitativa dei gruppi di minoranza etnica e politica locali; se invece sara’ il centrodestra a vincere sara’ la stessa cosa, ma almeno gli altoatesini saranno finalmente rappresentati dalle persone che sono state le piu’ votate negli ultimi vent’anni. Mentre ora la figura dei fessi la fanno sempre quelli del centrosinistra patetico, in futuro potrebbero farla quelli del centrodestra. Ve lo immaginate l’assessore Urzi’ andare dal vicepresidente della giunta Holzmann a dirgli che la base del partito non e’ contenta dei rapporti politici con l’SVP? E questo a rispondergli che chi si lamenta e’ un nazionalista che non ha capito l’importanza del rapporto strategico con il partito che rappresenta quasi tutti i sudtirolesi? Ed il centrosinistra a dire che il governo di Roma ha svenduto gli italiani dell’Alto Adige per cinque voti in Parlamento? E la lobby dei professionisti sessantenni che da sempre controlla la DC nelle sue diverse sfaccettature (i professionisti cinquantenni, non trovando piu’ spazi disponibili, controllano la “sinistra”) a definirsi “l’ago della bilancia”, e a teorizzare fumose formule per motivare le loro piroette politiche, dovute al fatto che, all’opposizione, “non c’e’ trippa per i gatti”?
Al lettore attento non sara’ sfuggito il fatto che non ho detto quale sara’ il comportamento elettorale degli altoatesini domenica prossima. La ragione e’ molto semplice: non avendo molto spazio a disposizione, mi limito a parlare delle cose che reputo importanti, e gli orientamenti politici degli altoatesini non mi sembrano tra queste, almeno vedendo come sono andate le cose negli ultimi vent’anni.
Sulle conseguenze sociali della politica attuata negli ultimi trent’anni e’ sufficiente notare che, in una terra che spesso viene ipocritamente proposta come modello di convivenza, il 90% dei sudtirolesi vota per un partito etnico che e’ stato per decenni nemico dichiarato dello Stato italiano e, purtroppo, spesso anche degli italiani, mentre il 50% degli altoatesini vota per un partito etnico che e’ stato per decenni nemico dichiarato della Provincia tedesca e, purtroppo, spesso anche dei tedeschi. Il tutto in un clima di sospetto e di sfiducia reciproca.
Dire che per il futuro di questa terra e’ necessario votare per il centrosinistra, da sempre autonomista, fautore della convivenza, ecc. ecc., mi sembra alquanto ipocrita e suicida.
Pensare che per il futuro di questa terra e’ necessario votare per la destra, da sempre antiautonomista, che ha odiato i sudtirolesi e ghettizzato gli altoatesini, non a caso gli unici italiani del Nord Italia che assurdamente ma comprensibilmente rimpiangono lo Stato centrale, mi sembra alquanto stupido e suicida.
Questi partiti, per motivi diversi e per diversi motivi, non rappresentano il futuro di questa terra, ma il passato e, purtroppo, anche il presente. Il futuro e’ tutto da inventare. Prima, durante e dopo il 13 maggio. Per chi vincera’, per chi perdera’ e per coloro che se ne staranno alla larga da questa sfida che non entusiasma nessuno.
Scusate la pretesa forse adolescenziale, ma vorrei poter scegliere anche tra quello che non c’e’.
Allego l’originale del mio certificato elettorale: fatene quello che volete.
Bolzano, 5 maggio 2001.
Giorgio Delle Donne
1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 6 maggio 2001.