Testo & contesto 1
Decisamente interessante l’ultimo episodio del Tavolo di Bressa, coincidente con il primo episodio della Campagna elettorale di Bressa, svolto all’Auditorium Haydn alla presenza dello stato maggiore dell’Ulivo altoatesino.
Il sottosegretario ai problemi delle minoranze ha presentato la Relazione della commissione per l’evoluzione dell’autonomia in provincia di Bolzano, che, a partire dal titolo, e’ un documento destinato a suscitare una qual certa discussione. Il titolo tutto in maiuscolo non ci consente di sapere se le parole “autonomia” e “provincia” sono scritte in maiuscolo o minuscolo, ma e’ fondamentale vedere che la commissione ha analizzato “l’evoluzione” dell’autonomia e a noi, da sempre convinti che “tutto fluisce e scorre”, piace pensare a questa concezione dinamica delle cose.
Leggiamo ansiosi il testo e vediamo nell’introduzione che lo Statuto del 1972 ha oramai raggiunto quasi completamente i propri obiettivi, e che uno dei problemi e’ quello di verificare i rapporti tra questa autonomia, lo Stato e l’Europa.
La scuola e’ al primo posto, e dopo avere ribadito il ruolo strategico del settore, si ricorda che l’autonomia delle scuole costituisce un’occasione particolare di sviluppo del rapporto tra scuola e territorio. L’art. 19 deve costituire un diritto, ma non un vincolo per l’insegnamento.
Il bilinguismo da rivendicazione del diritto delle minoranze deve diventare uno strumento di integrazione economica e sociale.
La dichiarazione di appartenenza rappresenta un onere inevitabile per i tre gruppi riconosciuti dallo Statuto.
La toponomastica va depotenziata, ricordandone gli aspetti di documento/monumento culturale.
Le istituzioni vanno adeguate alle competenze sempre maggiori dell’autonomia.
Nelle conclusioni si ribadisce che lo Statuto si basa su due pilastri: la tutela delle minoranze e l’autonomia territoriale, e che alcune azioni positive per la tutela delle minoranze devono essere transitorie. Inoltre il Tavolo ha evidenziato la richiesta di partecipazione della comunita’ di lingua italiana.
Il temino non e’ scritto male e comprende quasi tutte le tematiche che da anni riempiono le pagine dei giornali locali di lingua italiana: difesa della toponomastica bilingue (nessuno si sogna piu’ di parlare di difesa della toponomastica italiana), necessita’ del bilinguismo (neanche i postfascisti urlano piu’ “Siamo in Italia, parliamo in italiano”), necessita’ di scuole che siano in grado di interagire con questo particolarissimo territorio, ecc.
Spiace che la commissione non sia riuscita a dare indicazioni concrete per riuscire a compiere anche il secondo elemento di cui lo Statuto sarebbe portatore: l’autonomia territoriale. Infatti se risulta evidente che la difesa delle minoranze nazionali e’ un obiettivo saldamente raggiunto, qualcuno dovrebbe spiegarmi come la commissione pensa sia possibile evitare che l’SVP/la Provincia nomini ancora come giudice del TAR la moglie di Ebner, impedisca che gli altoatesini imparino il tedesco nelle proprie scuole come meglio credono e/o possano definire i luoghi con i propri nomi, per assurdi che siano. In una parola vorrei sapere se e’ possibile evitare che la difesa delle minoranze nazionali, localmente maggioranze, debba andare a scapito dei gruppi localmente minoritari. E’ da decenni che stiamo aspettando il superamento della fase di rivendicazione da parte dell’SVP che “Chiagne e fotte”, ma non abbiamo visto questa nuova fase, l’apertura democratica dei gruppi minoritari e la trasformazione delle questioni etniche in problemi politici.
Alla fine degli anni Settanta quando, conseguentemente all’emanazione delle prime norme di attuazione fondamentali cominciava a serpeggiare un certo malessere tra gli altoatesini, non solamente tra i nazionalisti, nei partiti che attualmente compongono il Centrosinistra si diceva che quello era il prezzo da pagare per riequilibrare i danni subiti da i sudtirolesi nei decenni precedenti, ma che, una volta garantiti, questi si sarebbero articolati politicamente come tutte le altre popolazioni di questo mondo. Ora, dopo anni di applicazione rigida della proporzionale e dell’autonomia, che risulta dinamica solamente per quanto riguarda la quantita’ delle competenze da rivendicare, ma non molto elastica nella filosofia della sua attuazione, risulta difficile vedere la possibilita’ di una concezione dell’autonomia che non sia esclusivamente etnica.
La Commissione dei dodici/sei, lo spremilimoni dell’autonomia, che avrebbe dovuto completare i suoi lavori in venti mesi e non ha ancora terminato dopo trenta anni, si e’ trasformata in un luogo di contrattazione continua tra gli interessi dei sudtirolesi e dei trentini, che vedono oramai nel Sudtirolo un esempio da seguire, ed ultimamente si inventano minoranze anche li’ dove una volta c’erano solamente meli e preti.
Di tutte queste cose si discute da anni, ma il silenzio del Paro’n del maso e le dichiarazioni del suo segretario sono molto piu’ significative e soprattutto piu’ importanti di decine di convegni sul bilinguismo, l’universita’, la societa’ multiculturale, e tutte queste cosette.
Sui tempi ed i modi della trasformazione dell’autonomia etnica in autonomia territoriale vorrei avere da Bressa, non quello del Tavolo, ma il candidato dell’Ulivo, alcune risposte che mi sfuggono pur dopo un’attenta lettura della sua relazione.
Il Boss comunque ha gia’ risposto anticipatamente alla sua relazione, definendo il suo Tavolo un “muro del pianto” degli italiani. A questo proposito ricordo una bella metafora che voleva ricordare il fatto che nella globalizzazione siamo tutti interconnessi, ma abbiamo ruoli e poteri molto diversi. La metafora diceva: “Una scorreggia del governatore della Deutsche Bank puo’ causare un terremoto nei mercati finanziari dell’estremo Oriente. Un terremoto nei mercati finanziari dell’estremo Oriente puo’ causare una scoreggia del governatore della Deutsche Bank.”
Sogni d’oro Luis!
Bolzano, 16 febbraio 2001.
Giorgio Delle Donne
1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 17 febbraio 2001.