La rappresentanza politica italiana nella nuova giunta provinciale1
Ci sono due possibilita’ per andare in giunta provinciale con l’SVP: a titolo etnico o per accordo politico. A titolo etnico due assessori italiani possono anche entrarci senza condividere pienamente il programma politico; per accordo politico ovviamente no. Proviamo a leggere uno dei principi fondamentali contenuti nel recente programma politico della giunta provinciale, che dovrebbe costituire un principio-guida della politica locale nei prossimi cinque anni:
“Nei rapporti politici tra i partiti della coalizione occorre affermare un sistema di regole e di comportamenti che eviti tensioni e lacerazioni e che rafforzi il metodo del dialogo fondato sul consenso e la pari dignita’ tra le forze politiche e i gruppi linguistici. I partiti della coalizione concordano nella volonta’ di individuare, per le nomine e gli incarichi in enti pubblici, criteri che tengano conto, sia dei requisiti di professionalita’, competenza, e rappresentativita’ civile anche ai vertici, affinche’ a tutti i gruppi linguistici sia garantito il giusto principio della rappresentanza. In particolare occorre operare concretamente per garantire che all’interno del gruppo linguistico italiano possa radicarsi un ampio e condiviso senso di partecipazione al governo della cosa pubblica.”
L’accordo di giunta e’ stato discusso e firmato nella sede dell’SVP, anche perche’ sarebbe stato difficile ritrovarsi presso le sedi dei partiti/movimenti italiani di giunta, che spesso hanno il recapito in una casella postale o sono in subaffitto presso le sedi di vecchi partiti, il cui consenso elettorale e’ in caduta libera da vent’anni.
Da vent’anni la maggioranza dell’elettorato altoatesino vota a destra, per un partito etnico, da sempre avversario della Provincia, mentre da sempre la maggior parte dei sudtirolesi vota a destra, per un partito etnico, da sempre avversario dello Stato, la qual cosa sarebbe sufficiente per smentire i corifei dell’autonomia.
Alla faccia della rappresentanza e della rappresentativita’, la rappresentanza politica degli altoatesini e’ formata da un coacervo di partiti/persone che non hanno ne’ seguito elettorale ne’ progetti politici rilevanti, ma che si offrono dopo le elezioni provinciali ed amministrative con il prezzo piu’ basso al collo, “in nome della convivenza e con spirito di servizio” o “per evitare un patto scellerato tra l’SVP e la destra, compagni”.
Visto che tutti vogliono andare al governo con l’SVP e visto che da vent’anni questo partito si sceglie deliberatamente e cinicamente gli assessori italiani da cooptare in giunta tra i meno votati e rappresentativi, tanto varrebbe chiedere subito a questo partito, il giorno successivo alle elezioni, quali saranno gli assessori italici, perche’ il responso delle urne da anni non viene preso in alcuna considerazione. Forse sarebbe il caso di chiedere al partito localmente dominante di fare delle chiare scelte politiche di campo e di prospettiva politica, per trasformare una autonomia etnica in una autonomia territoriale, o di chiedere una modifica dello Statuto che obblighi questo partito a prendersi in giunta i politici piu’ votati dagli altoatesini.
Ma chi potrebbe imporre all’SVP di cambiare politica?
Forse gli ex DC (ecc. ecc.), che, nella speranza di scimmiottare il partito di raccolta, hanno tentato di creare una struttura sociopolitica simmetrica ma grottesca?
Un partito che 30 anni fa raccoglieva 32.990 voti ed ora ne raccoglie 11.180, moralizzatori della politica compresi?
Forse gli ex PCI (ecc. ecc.), che, nella speranza di farsi accreditare come partito realmente autonomista non sono stati in grado di distinguere il sentimento nazionale dal nazionalismo, considerando sempre legittime e finalizzate alla difesa dei propri interessi nazionali le richieste dei sudtirolesi, anche quando queste andavano, di fatto, ben al di la’ non solamente della lettera dello Statuto, ma anche della propria difesa di status di minoranza, sconfinando nell’interpretazione revanscista dello Statuto? La stessa sinistra che ha spesso considerato meschine richieste di mantenimento di interessi nazionali-nazionalistici le critiche che il mondo italiano ha espresso, non sempre in maniera chiara e precisa, rispetto all’autonomia e alla sua attuazione, accettando di fatto la logica dell’SVP, secondo la quale chi critica l’autonomia e’ necessariamente un fascista?
Un partito che 25 anni fa raccoglieva 18.776 voti ed ora ne raccoglie 11.572, cespugli e tontoloni compresi?
Tra i consiglieri provinciali italiani nel 1973 e nel 1978 10 erano di centrosinistra e 1 del centrodestra; nel 1983 9 e 2; nel 1988 7 e 4; nel 1993 5 e 5; nel 1998 4 e 5; nel 2003 2 e 5.
Che sia anche questo uno dei motivi per cui gli altoatesini si lamentano sempre politicamente, pur vivendo in una provincia dove le condizioni di vita sono tra le migliori d’Italia?
Acquisite anche le competenze sull’industria – che, oggettivamente, dalle origini agli anni Settanta era caratterizzata da capitale e lavoro italiano, mentre negli ultimi vent’anni e’ completamente cambiata – rimangono saldamente in mani italiche la scuola e la cultura italiana, probabilmente perche’ alla maggior parte dell’SVP questa non interessa molto, mentre ad una piccola parte questa fa inorridire.
C’e’ una bella scena nella commedia “Miseria e nobilta’” di Scarpetta che potrebbe essere utile per spiegare il rapporto tra i politici italiani che stanno in giunta provinciale ed i loro elettori. La scena rappresenta un uomo, Pasquale, che di professione faceva lo scrivano, redigendo a pagamento semplici lettere per il popolo ignorante ed analfabeta. Un giorno un tale, Felice, che evidentemente non aveva bisogno dei suoi servigi, gli si avvicino’ e noto’ che lui non scriveva nulla di sensato, ma abbozzava segni che nulla avevano a che fare con le lettere dell’alfabeto o con le parole del vocabolario. “Ma voi vi fate pagare per scrivere lettere, ma non sapete scrivere!” disse sconcertato. “Non ci sono problemi – rispose lo scrivano – tanto loro non sanno leggere.”
Come spesso ricorda Bobbio, nelle democrazie le teste si contano, nelle dittature le teste si tagliano.
Qui al maso ogni cinque anni le teste si contano, ma non tutte valgono allo stesso modo.
L’SVP ha saputo cogliere ogni occasione di riforma delle leggi elettorali, riuscendo a fare eleggere politici propri o di proprio gradimento anche nei comuni o nelle circoscrizioni a maggioranza italiana, come accade nel Comune di Bolzano dal 1995 o come e’ accaduto alle politiche del 2001.
Provate a pensare una situazione come quella che vivono gli altoatesini a livello provinciale da vent’anni con un altro scenario etnico o politico. Pensate cosa farebbe l’SVP se una ipotetica maggioranza di destra italiana nel Consiglio comunale di Bolzano decidesse di cooptare in giunta due sudtirolesi come Kurt Pancheri della Lega, ad esempio. Lo Statuto sarebbe rispettato, gli elettori un po’ meno. Provate ad immaginare cosa farebbero i partiti del centrosinistra italico se fossero loro i piu’ votati da vent’anni, e l’SVP scegliesse la destra come partner di giunta. Nel primo caso l’SVP riorganizzerebbe un’altra adunata di Sigmundskron; nel secondo caso la sinistra riorganizzerebbe altre manifestazioni come quelle – giuste ed alle quali partecipavo anch’io – che venivano organizzate nei primi anni Settanta a favore della democrazia – localmente esercitata da partiti-fantoccio dell’imperialismo americano – in paesi che stavano all’altro capo del mondo, ma che ci sembravano comunque importanti.
Parlando dei tempi necessari per l’applicazione dalla democrazia c’e’ chi ricorda cinicamente che e’ sempre meglio che il numero delle persone chiamate a deliberare sia dispari, per evitare di trovarsi con due gruppi di eguale consistenza. Ma, per rendere le scelte ancora piu’ veloci, e’ preferibile che questo numero dispari sia inferiore al tre.
Qui da noi al maso ci sono, stando allo Statuto, tre gruppi etnici, ma uno decide per tutti. All’interno di questo gruppo etnico ci sono tre partiti, ma uno decide per tutti. All’interno di questo partito ci sono tre persone importanti, ma uno decide per tutti. E’ per questo motivo che tutto funziona cosi’ bene, qui al maso. Tutto, fuorche’ la democrazia.
Bolzano, 19 dicembre 2003.
Giorgio Delle Donne
1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 21 dicembre 2003.