Cime abissali 1
Sulla crisi politica del movimento interetnico dei Verdi, paradossalmente coincidente con il loro massimo successo elettorale, si e’ scritto molto. Non volendo infierire sui cadaveri (la componente italiana), vorrei limitarmi a ricordare alcune incongruenze del massimo leader vivente del movimento, quel Messner che ogni volta che discute di politica con lo Yeti ci fa un gran figurone, ed ogni volta che parla di filosofia con uno yak quest’ultimo rimane senza parole.
I Verdi, che hanno iniziato la loro attivita’ politica alla fine degli anni Settanta paragonando il Sudtirolo al Sudafrica, dicendo che qui vigeva un regime di apartheid, e nel 2001 hanno invitato i propri elettori a votare i candidati SVP e DC “per il futuro di questa terra”, hanno in Messner un’icona elettoralmente redditizia, ma politicamente imprevedibile e filologicamente improponibile.
Il “re degli 8.000” (metri), dopo avere detto nel 1998 “se fossi italiano voterei per Viola”, dichiarando in questo modo di subordinare le scelte politiche all’appartenenza etnica, quanto di meno langeriano possa dire un politico, ha detto che Durnwalder, il “re degli 8.000” (miliardi), era l’erede spirituale di Langer, forse un po’ meno idealista, ma sicuramente piu’ pragmatico, e per questo ancor piu’ utile dal punto di vista politico e sociale, e mecenate quasi unico anche nel settore importantissimo dei musei. In una intervista del 2001 ha auspicato una riforma della legge elettorale che consentisse l’elezione diretta del presidente della giunta provinciale, consentendo in questo modo ad almeno 50.000 altoatesini di votare per il paro’n del maso senza votare necessariamente per l’SVP, portando in questo modo le preferenze del boss da 100.000 a 150.000, per dargli piu’ potere personale, senza obbligarlo a mediare continuamente con il partito. Il suo, ovviamente. Nel 1984, intervistato da Sebastiano Vassalli, riferendosi al clima politico sudtirolese, Messner disse: “Se il Sud Tirolo diventasse indipendente ora, io probabilmente verrei ucciso.” (vedi: Sangue e suolo, Einaudi, 1985, pag. 93). O sbagliava allora o sbaglia ora, o forse sbagliava e sbaglia tuttora, visto che in Sudtirolo non abbiamo certamente bisogno di un uomo forte, un partito forte ed un gruppo etnico forte, ma di piu’ politici credibili, piu’ partiti e movimenti d’opinione seri e piu’ gruppi sempre meno etnici e sempre piu’ interetnici, in una prospettiva seria di autonomia sempre meno etnica e sempre piu’ territoriale.
Langer era uno che faceva finta di lasciare decidere agli altri, ma in realta’ dopo la scomparsa di Andreina Emeri era rimasto il padrone assoluto della situazione, anche per indubbi meriti oltre che per la pochezza politica delle persone che lo circondavano, che avevano con lui un rapporto che piu’ che politico era esoterico. Ma questo “autoritarismo dolcemente subdolo” era ampiamente compensato da una eccezionale cultura politica e capacita’ organizzativa e di relazione. Dopo di lui i Verdi non hanno mai voluto creare dei centri decisionali chiari, ma in nome dell’assemblearismo qualcuno decide ugualmente. Di andare in giunta con i democristiani e l’SVP quando questa non trova di meglio, ad esempio, o di candidare Messner invece di Tamino, o di eliminare la Zendron, accusata di essersi venduta all’SVP per diventare presidente del Consiglio provinciale nel 2001 e di non avere partecipato alla campagna elettorale del 2001 – quando, con un accordo di doppia desistenza spacciato per accordo politico essenziale al centrosinistra trentino, i Verdi hanno contribuito all’elezione dell’ennesimo senatore SVP e di un altro deputato democristiano veneto imposto dai trentini, senza aver avuto in cambio nulla nel settore della scuola, del censimento, della toponomastica, ecc. -, e velatamente accusata anche di essere “troppo italiana”.
Ma torniamo a Messner, uno che ad 8.000 metri vive benissimo ma in pianura va in iperossigenazione e ha evidentemente delle allucinazioni.
In un’intervista pubblicata sul “Secolo XIX” negli anni Novanta disse:
“Io mi sono sempre battuto per la bicultura. Dieci anni fa chi diceva queste cose veniva messo all’indice”. Invece adesso? “Adesso e’ cambiato”. Messner, lei era il traditore dei sudtirolesi, il nemico emarginato dalla comunita’ tedesca, la bestia nera della Volkspartei. Una volta per strada le sputarono addosso. Che cosa e’ cambiato? “La Volkspartei e’ cambiata. I nuovi dirigenti sono cambiati. Quando arrivo’ Luis Durnwalder avevamo paura che fosse piu’ a destra di Magnago. Invece disse subito: “Dobbiamo convivere”. Oggi i giovani della Volkspartei la pensano come Alexander Langer, il politico piu’ intelligente della nostra zona, che fu per tanti anni il nemico numero uno degli amici di Magnago. Oggi il programma del governo della provincia sembra scritto da Langer.” (…).
Il 12 novembre 2003 l’ANSA ha lanciato questo comunicato, che cito quasi integralmente:
(…) “Il problema e’ che la Svp si deve rendere conto che i tempi sono cambiati. Durnwalder e’ stato eletto da tanti italiani e il partito dovrebbe rispondere a questo voto in modo adeguato: portando anche italiani nel partito. La Svp diventerebbe in questo modo il partito di tutti gli altoatesini. Sarebbe un importante passo verso l’Alto Adige sognato da Alex Langer, il seme che lui ha lasciato darebbe frutto”. (…) Per Messner le indicazioni degli elettori aprono un’altra strada e cioe’ quella dell’elezione diretta del Landeshauptmann. “L’effetto sarebbe – sostiene Messner – di un ulteriore rafforzamento di Durnwalder. Se Durnwalder questa volta ha ricevuto 110 mila voti, con l’elezione diretta ne prenderebbe 200 mila, ma la Svp perderebbe consensi. Tanti italiani in questo modo potrebbero votare Durnwalder senza votare Volkspartei. (ANSA)”
Uno che non ha capito la differenza sostanziale tra il partito etnico sudtirolese che cerca voti anche tra gli altoatesini, facendo leva sulle maggiori disponibilita’ locali rispetto al restante territorio nazionale, come e’ accaduto nella recente campagna elettorale, con un partito interetnico potrebbe frequentare, insieme ad alcuni esponenti del centrodestra che non hanno ancora compreso la differenza tra la nazionalita’ e la cittadinanza, dei corsi di recupero serali per imparare l’abbicci’ della politica. Non e’ l’SVP che, assimilando o riducendo ai minimi termini numerici e politici gli altoatesini, deve diventare un partito territoriale, ma e’ l’autonomia che deve trasformarsi da etnico/risarcitoria in territoriale. Durante la campagna elettorale per le politiche del 2001 si parlava di politica interetnica da parte dei due candidati SVP/Ulivo, ma dopo la loro elezione l’SVP ha comunicato che non si deve confonderla con un partito dell’Ulivo, ed anche nella recente campagna elettorale non ha mandato messaggi interetnici o post-etnici, ma ha ricordato in italiano agli altoatesini che qui si vive meglio che altrove.
Forse sarebbe il caso di rivedere le norme che prevedono il collegio elettorale creato per garantire l’elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento e le norme riguardanti la rappresentanza italiana nella giunta provinciale. Per come sono andate le cose negli ultimi anni, non mi stupirei se l’SVP garantisse l’elezione di due italiani all’interno della propria lista, come ha fatto con il ladino, o in una “lista civetta”, come quelle che lo Stato italiano finanziava ai tempi della prima autonomia per cercare inutilmente di fregare l’SVP, alle prossime elezioni provinciali, …in nome della convivenza e per spirito di servizio, con l’appoggio di qualche utile idiota che potrebbe vedere in questa politica l’inizio di una politica interetnica o di un’utile semplificazione del quadro politico. Il terreno politico locale ha bisogno di abili giardinieri col pollice verde, ma sperabilmente anche rosa, rosso, bianco, azzurro e nero, non di rulli compressori.
Bolzano, 28 novembre 2003.
Giorgio Delle Donne
1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 30 novembre 2003.