In ricordo di Luigi Emer, il compagno Avio 1
Nato a Dermulo il 27 agosto 1918, Luigi Emer era rimasto presto orfano del padre morto per le ferite subite durante la Grande Guerra. Come orfano di guerra aveva studiato in un collegio romano dove si era diplomato. Per la sua passione per gli aerei venne soprannominato Avio.
A Bolzano aveva trovato lavoro come tecnico alla Montecatini ed aveva aderito alla Resistenza, diventando comandante della brigata garibaldina “Fabio Filzi”, fondata nel giugno del 1944 in Val di Non insieme agli altri bolzanini Andrea Mascagni e Senio Visentin, il cui campo d’azione si era progressivamente spostato verso la Val di Fiemme.
Nell’agosto del 1944 il gruppo di partigiani decise di attaccare la caserma dei Carabinieri di Molina di Fiemme, anche per impossessarsi delle armi. L’azione scatto’ alle 21.30 del 25 agosto, ed Avio rimase gravemente ferito dallo scoppio di una bomba da lui stesso lanciata e rimbalzata su una rete metallica invisibile a causa dell’oscurita’. I suoi compagni lo caricarono su un carretto e lo trasportarono nei pressi di un maso dove lo abbandonarono senza sparargli, convinti che fosse superfluo. I tedeschi lo raccolsero la mattina seguente e lo portarono a Trento, dove venne torturato dal meranese Josef Stimpfl. Nell’ottobre del 1944 venne trasferito a Bolzano insieme a Francesco Rella, che venne giustiziato durante un interrogatorio. Ricoverato all’ospedale di Bolzano venne aiutato dai medici Chiatellino, Settimi, Bailoni e Rizzi. Fini’ nel Lager di Via Resia con la matricola 8.761, condannato all’ergastolo; dal Lager usci’ il 30 aprile del 1945.
Dopo la Liberazione subi’ molte pressioni dai Carabinieri, i quali gli imposero nel 1949 il domicilio coatto.
Nel 1957 avvio’ sull'”Alto Adige” una discussione pubblica sulle responsabilita’ individuali e collettive dei sudtirolesi nei confronti del nazismo.
Intervistato dal giornale “Alto Adige” nel 1968, lui, cinquantenne ispettore del servizio annonario del Comune di Bolzano, affermo’ che se fosse stato piu’ giovane sarebbe andato volontario nel Vietnam, per combattere gli americani.
Io l’ho conosciuto negli anni Settanta, quando Avio si recava nelle scuole per ricordare il 30° anniversario della Resistenza, il primo anniversario “tondo tondo” ricordato dopo decenni di guerra fredda e per le nostre richieste di apertura della scuola alla societa’. In lui, comunista filocinese sempre pronto al dialogo non dogmatico, vedevamo ingenuamente quella continuita’ storica con la nostra azione politica, e lui vedeva in noi quei figli che non ha mai avuto. E lo ritrovavi sempre alle feste del Primo maggio ed alle Feste dell’Unita’ con il fazzoletto rosso al collo e ti lasciava sempre il suo numero di telefono: “… se fate delle iniziative politiche voi giovani, chiamatemi!”
L’ultima volta che ho avuto l’occasione di parlargli e’ stato a casa di Nella ed Andrea Mascagni, dove andava a bere il the alle 17 ogni giovedi’, da decenni.
Oggi alle 14 ho ricevuto una telefonata: “Noi non ci conosciamo, sono Luciano Emer, il nipote di Avio. Oggi mio zio e’ morto ed ho trovato un foglio con i nomi delle persone da avvisare per i suoi funerali, tra questi anche il suo.” Sembra la scena iniziale di “Terra e liberta’”, lo splendido film di Ken Loach che parla dei rapporti generazionali e politici, ambientato nella Liverpool postindustriale dei primi anni Novanta e nella Spagna del 1936, ai tempi delle Brigate internazionali antifasciste e delle lotte intestine tra comunisti stalinisti e libertari. Ad Avio sarebbe piaciuto.
Bolzano, 14 marzo 2003.
Giorgio Delle Donne
1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 14 marzo 2003.