Toponomastica & culture1
La discussione da parte del Consiglio provinciale della proposta SVP riguardante la toponomastica, che prevede l’eliminazione della maggior parte della toponomastica italiana, a prescindere dai risultati delle mediazioni politiche e dall’atteggiamento degli organi statali che potrebbero contestare la legittimità di una legge provinciale con questi contenuti – riproponendo una mentalità politica conseguentemente alla quale gli altoatesini cercano tutela da parte dello Stato italiano di fronte ad una Provincia tedesca -, potrebbe rappresentare un punto di non ritorno nei rapporti tra i gruppi.
Conoscendo la logica e lo stile dell’attuale rappresentanza italiana di giunta posso pensare che, in cambio di alcune migliaia di toponimi – spesso sconosciuti alla popolazione italiana, ma che se proibiti diverrebbero improvvisamente importantissimi – chiederebbero dei nuovi incarichi per i propri grandi elettori, alcuni milioni di €uro per alcune fabbriche decotte della zona industriale o alcuni appartamenti in piu’ per gli italiani nell’edilizia sociale, e probabilmente l’SVP sarebbe disposta al baratto, ma dal punto di vista politico ed elettorale sarebbe sicuramente l’ultima trattativa tra l’SVP e questi partiti: la successiva rappresentanza elettorale degli altoatesini in questo caso sarebbe sicuramente diversa, e l’astensionismo che ha caratterizzato anche le ultime elezioni amministrative, conseguenza della netta sensazione di non contare proprio nulla, aumenterebbe ulteriormente.
La richiesta SVP riguardante la toponomastica non e’ nemmeno paragonabile alla proporzionale, sicuramente non amata dagli altoatesini e recentemente rivalutata anche dai Verdi e dai postfascisti.
La proporzionale sicuramente favorisce l’assimilazione degli altoatesini bilingui e la tedeschizzazione del 4° gruppo. Originariamente partiva dalla necessita’ di consentire l’accesso al pubblico impiego dei sudtirolesi, accesso impedito di fatto dalla politica dell’epoca del fascismo e della prima autonomia. In seguito, per scelte politiche, e’ stata estesa ad altri settori della societa’, con l’ovvia conseguenza di dover quantificare la consistenza dei gruppi e di doversi dichiarare in maniera non anonima appartenente ad uno dei tre gruppi riconosciuti.
Si trattava pero’ pur sempre di spartirsi risorse limitate: posti di lavoro, alloggi e finanziamenti possono andare o ad un sudtirolese o ad un altoatesino.
Io rimango dell’idea che i criteri del bisogno e del merito debbano prevalere rispetto alla consistenza dei gruppi e che la carriera debba essere garantita alle persone capaci, meritevoli e bilingui e non ai predestinati di un gruppo etnico, qualunque esso sia, ma mi rendo conto che per i partiti che si muovono esclusivamente su base etnica questo criterio rimanga indiscutibile, e che lo strapotere dell’SVP e’ oramai tale che la sua eliminazione porterebbe alla scomparsa degli altoatesini nei posti-chiave dell’amministrazione provinciale, come e’ gia’ avvenuto negli enti strumentali della Provincia dove non e’ applicata.
La proposta di eliminare la toponomastica bilingue in un territorio bilingue e’ assurda, perche’ ripropone una impostazione dell’autonomia secondo la quale i diritti di un gruppo devono essere sottratti all’altro gruppo.
Il bilinguismo non fa male a nessuno, a meno che non si desideri creare le premesse per una rapida “ritedeschizzazione” dell’Alto Adige-Suedtirol, con una logica uguale e contraria a quella applicata nel 1923, quando il nascente fascismo condivideva la proposta di Tolomei di “reitalianizzare” il territorio e la popolazione. Infatti il “becchino del Sudtirolo”, come viene definito l’ipernazionalista Tolomei dai sudtirolesi, non parlava mai di snazionalizzazione, ma sosteneva che la popolazione ed il territorio erano stati tedeschizzati recentemente, e che quindi andavano “reitalianizzati”. E per fare questo andava nel passato a cercare ogni traccia della presenza italiana, andando indietro nel tempo fino all’Impero romano se necessario, per giustificare le proprie tesi. Questo e’ sempre stato l’atteggiamento culturale dei nazionalisti delle zone di confine o nelle zone dove i confini sono stati piu’ volte spostati, da sempre caratterizzate dalla presenza di tracce culturali e materiali di altre culture dominanti o semplicemente presenti in altre epoche. Ognuno va nel passato a cercare il periodo nel quale la propria cultura era dominante e, rivendicandone la discendenza, cerca di dimostrare che l’altra cultura ha meno dignita’, perche’ successiva. Nel caso specifico i nazionalisti sudtirolesi, che a differenza di quelli italiani si trovano ancora al potere, motivano il loro ragionamento anche con il fatto che questi elementi di cultura italiana sono stati creati durante il fascismo. Il ragionamento, pur essendo storicamente motivato, alla fine non porta che al tentativo di eliminare ogni traccia culturale dell’altro gruppo, considerato usurpatore, snazionalizzatore, ecc.
In una citta’ che si candida a capitale europea della cultura per la presenza storica di piu’ gruppi linguistici ed in una Provincia che argomenta la ricca ed eccezionale autonomia per la presenza di minoranze nazionali questo atteggiamento e’ semplicemente assurdo. Solamente la storicizzazione di ogni elemento culturale, anche di quelli creati durante il regime, puo’ risolvere il problema senza crearne un altro, e solamente altoatesini bilingui e consapevoli di vivere in un territorio dalla storia particolare potranno scegliere, liberamente, di usare la toponomastica che riterranno piu’ opportuna.
Bolzano, 9 giugno 2010.
Giorgio Delle Donne
1 Editoriale pubblicato sull’«Alto Adige» il 15 giugno 2010.