Toponomastica & retorica1
Dopo la recente campagna elettorale, dove la demagogica retorica della convivenza della coalizione SVP-Centrosinistra ha vinto contro l’odiosa retorica del nazionalismo del Centrodestra, si ritorna alle tristi vicende della politica quotidiana locale. Nulla di drammatico, si intende, specialmente se rapportato con il rischio default del sistema-Paese, di un Paese dove almeno tre regioni sono in mano alla mafia ed altre sono amministrate all’italiana, ma anche qui, dove i tedeschi amministrano alla tedesca, non mancano i problemi e le occasioni per sorridere dei discorsi politici della piccola casta locale, sicuramente piu’ ricca, onesta ed efficiente di quella italica, ma non meno ipocrita.
Capita così di tornare immediatamente a parlare della toponomastica, dopo la risposta del ministro per i rapporti con le Regioni, Fitto, ad un’interrogazione presentata dall’unico deputato del Centrodestra eletto localmente. Nulla di nuovo ne’ nella risposta del ministro, che ha giustamente risposto che lo Statuto prevede certamente la competenza provinciale sulla toponomastica ma che il bilinguismo non dev’essere messo in discussione e quindi si tratta solamente di ufficializzare la toponomastica tedesca senza cancellare quella italiana, ne’ nelle risposte del localboss sudtirolese, che ha ribadito la sua volonta’ di cancellare la maggior parte della toponomastica italiana.
In una citta’ che si candida a capitale europea della cultura per la presenza storica di piu’ gruppi linguistici ed in una Provincia che argomenta la ricca ed eccezionale autonomia per la presenza di minoranze nazionali abbiamo quindi il vicesindaco, quello che continua a ribadire di essere stato liberato dal fascismo dai nazisti, che chiede continuamente l’eliminazione dei simboli fascisti ed il Landeshauptmann, quello che 40 anni fa era contrario alla nuova autonomia, schierandosi con Brugger per l’autodeterminazione contro Magnago per l’autonomia, che chiede l’eliminazione della toponomastica italiana perche’ emanata durante il fascismo, rivendicandone il progetto e facendolo subdolamente applicare “all’italiana” dall’Alpenverein.
Certamente se la proposta di eliminare i simboli fascisti fosse stata formulata immediatamente dopo la Liberazione forse avrebbe avuto maggiore successo e se la liberazione dal fascismo fosse avvenuta realmente da parte dei nazisti, come afferma il vicesindaco della coalizione SVP-Centrosinistra, non ci sarebbero piu’ ne’ la toponomastica italiana ne’ la popolazione che continua ad utilizzarla, creando questo fastidiosissimo problema alla minoranza meglio tutelata al mondo, ma purtroppo, o per fortuna, a seconda dei punti di vista che qualche volta coincidono con i ragionamenti che si fanno e qualche volta coincidono con la lingua con la quale si ragiona, le cose sono andate diversamente e cosi’ come storicizzare i monumenti e’ l’unica alternativa al loro abbattimento, nella speranza che gli italiani si rendano conto che non e’ il caso di identificarsi in un monumento chiaramente fascista, anche se dedicato alla vittoria nella Grande Guerra, altrettanto si dovrebbe fare con la toponomastica, cercando di sviluppare un percorso culturale di integrazione, non di assimilazione, che porti alla libera scelta di utilizzare la toponomastica storica, che quasi ovunque nel settore della microtoponomastica e’ di lingua tedesca, evitando odiose imposizioni che, anche se fatte in nome di odiosi torti subiti novanta anni fa, non risulterebbero al giorno d’oggi meno odiose.
Risulta infatti evidente che un eventuale impedimento legislativo nei confronti della comunita’ italiana del diritto di esprimersi nella propria lingua per definire ed identificare, secondo criteri ormai famigliari, i luoghi in cui la comunita’ si e’ sviluppata da piu’ di novanta anni, significherebbe incentivare una frattura fra la comunita’ e il territorio, creando una ulteriore e progressiva estraneita’ rispetto alla realta’ locale. Sara’ sicuramente il buonsenso, insieme ad una maggiore conoscenza della seconda lingua, della storia, della geografia e dell’antropologia locale, che renderanno inevitabile, nel corso del tempo, la conoscenza e speriamo anche l’uso per scelta, non per imposizione, della lingua tedesca per quanto riguarda la microtoponomastica, cosi’ immediatamente legata alla storia, alla geografia ed all’antropologia. Riteniamo che questo tipo di scelte politiche, relative a politiche culturali, rappresentino la strada da seguire per fare in modo che il terreno della toponomastica si trasformi, nel corso del tempo, da un terreno minato – minato abilmente dai nazionalisti di entrambe le parti – in un terreno di confronto e di studio per il reciproco arricchimento di tutti coloro i quali intendono vivere pacificamente in questo territorio, nonostante l’insopportabile retorica della politica della convivenza e del nazionalismo.
Bolzano, 2 giugno 2010.
Giorgio Delle Donne
1 Editoriale pubblicato sull’«Alto Adige» il 3 giugno 2010.