Feste & celebrazioni1
Ricordare, celebrare, festeggiare l’Unità in una zona di confine, in una zona dove esistono diversi gruppi, diverse memorie, memorie spesso contese come il territorio in cui vivono.
Gia’ la scelta del verbo e’ significativa. Ricordare e’ un termine neutro. Si possono ricordare avvenimenti belli e brutti, le nascite come le morti, anche se il ricordo non e’ mai neutro ed implica sempre una operazione di memoria ed oblio, un lavorio continuo sul passato. Celebrare non e’ un termine neutro. Celebrare significa ricordare ed onorare, solennizzare, esaltare, glorificare una persona o un avvenimento. Festeggiare significa ricordare ed onorare facendo festa, interrompendo la scansione normale del tempo e delle azioni.
Ma cosa si festeggia? L’Unita’, e questo ha consentito a Sudtirolesi e Schuetzen trentini di ribadire la loro alterita’ rispetto alle celebrazioni ufficiali, partendo dall’affermazione che loro nel 1861 non facevano parte dell’Italia e che nessuno ha chiesto loro – in senso lato, considerandosi gli unici eredi delle popolazioni allora abitanti il territorio -, se desiderassero farne parte. La tesi e’ storicamente corretta ma politicamente assurda, perche’ cosi’ come quando festeggiamo un compleanno cogliamo l’occasione della ricorrenza dell’anniversario di una nascita per festeggiare la vita della persona, che sicuramente non ha memoria del momento della nascita e quindi non puo’ ricordarsene, quando festeggiamo i 150 anni dell’Unita’ ricordiamo la storia di questa esperienza con tutti i suoi aspetti, storia che in parte abbiamo vissuto direttamente ed in gran parte abbiamo conosciuto indirettamente, attraverso operazioni di carattere anche simbolico e culturale – come le feste nazionali, ad esempio!- che hanno portato a sentimenti identitari piu’ o meno abilmente costruiti ed elaborati.
Dove si festeggia? In una zona di confine, in una zona contesa, come spesso accade nei territori di frontiera, dove la storia cambiando i confini e gli assetti istituzionali dell’autonomia ha spesso alterato i rapporti di forza e di maggioranza e minoranza tra le popolazioni presenti e la storiografia quasi sempre e’ stata al servizio dei progetti politici dominanti, fossero quelli violentemente nazionalistici italiani e/o tedeschi dei secoli scorsi o quelli ipocritamente inneggianti alla convivenza degli ultimi anni. Una storiografia una volta di Stato e statale, con i relativi finanziamenti, ed ora di Provincia e provinciale, con i relativi finanziamenti, che evita opportunisticamente di affrontare tematiche politicamente imbarazzanti, portata avanti dai politici sudtirolesi scelti dalla popolazione sudtirolese e dai politici altoatesini scelti dai politici scelti dalla popolazione sudtirolese, dai loro funzionari e dai loro pretesi e presunti esperti, cosi’ attenti a non creare tensioni “in nome della convivenza” e sempre desiderosi di ricercare “soluzioni condivise” cosi’ politicamente corrette da essere sempre prevedibili e spesso roboanti della retorica della convivenza.
A Bressanone anche i politici altoatesini si sono aggregati a questa non nuova tendenza, “per evitare di urtare la suscettibilita’ dei concittadini di lingua tedesca”, e non solo hanno evitato di organizzare iniziative culturali in occasione dell’anniversario dell’Unita’ – previste per il periodo in cui saranno presenti anche i turisti italiani, gli unici italiani tollerati da gran parte della popolazione locale, perche’ arrivano, spendono e se ne vanno -, ma hanno anche deciso di non organizzare l’alzabandiera, come proposto dal Commissario del governo, “perche’ ci saremmo trovati solamente io e l’altro assessore italiano”, ha detto l’assessore alla cultura e vicesindaco italiano della citta’ che tra l’altro e’ sede anche di diverse caserme che ospitano centinaia di soldati.
A Bressanone non si ricorda ne’ si celebra, ne’ tantomeno si festeggia.
Bolzano, 17 marzo 2011.
Giorgio Delle Donne
1 Editoriale pubblicato sull’«Alto Adige» il 19 marzo 2011.