2003, storia e cronaca1
Nell’ambito assegnatomi, relativo alla politica ed alle idee, non è così semplice trovare numerosi spunti, soprattutto se si cercano delle novita’ in ambito locale.
Provero’ quindi ad elencare una serie di elementi, partendo dagli ultimi avvenimenti politici per concatenare elementi di analisi non necessariamente legati ai singoli mesi dell’anno, ma purtroppo sempre cosi’ legati alla nostra realta’, passata, presente e futura.
Per cominciare questo viaggio, partiamo da uno dei principi contenuti nel recente programma politico della giunta provinciale, che dovrebbe costituire un principio-guida della politica locale nei prossimi cinque anni:
“In un mondo progressivamente globalizzato i concetti di Heimat e di identita’ acquistano sempre maggiore significato. L’eredita’ culturale e con essa anche l’identita’ del singolo vanno conservate. Nel contempo, in particolare in una terra con tre gruppi linguistici diversi, va incentivata la comprensione e l’apertura nei confronti di altre culture e degli sviluppi futuri. Heimat e tradizione creano identita’ e costituiscono il presupposto per apertura, generosita’, sicurezza di se stessi e comprensione nell’incontro tra i cittadini e cittadine di altre culture. In materia di toponomastica e’ necessario giungere ad una soluzione accettabile per tutti e tre i gruppi linguistici, tenendo conto della proposta avanzata nella scorsa legislatura dal Presidente della Giunta provinciale e della SVP.”
In poche righe sono concentrati termini e concetti sui quali si sono versati fiumi di inchiostro negli ultimi anni, non solamente a livello locale.
Le diverse prospettive relative a diversi casi di studio concordano nell’affermare che alcuni elementi costitutivi dell’identita’ etnica sono comunque presenti: l’epos, la trasfigurazione simbolica della memoria storica, in quanto celebrazione comune del passato; l’ethos, la sacralizzazione di norme ed istituzioni di origine civile e religiosa, sulle cui basi si costruisce la socialita’ del gruppo; il logos, attraverso cui passa la comunicazione sociale; il genos, la trasfigurazione dei rapporti di parentela; il topos, l’immagine simbolica della patria e del territorio.
Nella nostra regione, dove negli ultimi 150 anni le dimensioni dei gruppi hanno subito notevoli variazioni politicamente determinate, il rapporto centro/periferia ha visto Innsbruck lottare contro Vienna, Trento contro Innsbruck, Bolzano contro Trento, Bolzano contro Roma ed i rapporti di maggioranza/minoranza si sono piu’ volte invertiti, ogni gruppo, evidentemente sempre egemonizzato dai nazionalisti, ha operato non solamente per affermare il proprio ordine simbolico, ma ha anche tentato di eliminare le tracce degli altri.
Per quanto riguarda i simboli-monumenti, il topos, i nazionalisti italiani, visti da alcuni come liberatori e da altri come occupanti, ovviamente non costruirono il monumento alla loro vittoria accanto a quello che gli austriaci avevano, in verita’ forse troppo precocemente, iniziato a costruire, ma al suo posto, dopo averlo distrutto. Ovviamente all’arrivo dei nazisti, visti da alcuni come liberatori e da altri come occupanti, alcuni considerarono ovvio iniziare a distruggerlo, iniziando dalle erme di Battisti, Filzi e Chiesa, considerati da alcuni dei veri eroi, da altri dei veri traditori.
Per quanto riguarda i simboli-linguistici, il logos, i nazionalisti italiani, visti da alcuni come liberatori e da altri come occupanti, ovviamente non imposero la toponomastica italiana, quasi completamente di origine, diciamo cosi’, fantasiosa, accanto a quella tedesca, ma al suo posto, dopo aver dichiarato illegittimo l’uso di quest’ultima.
Per quanto riguarda i simboli-storici, l’epos, i nazionalisti italiani, visti da alcuni come liberatori e da altri come occupanti, ovviamente non ricostruirono tutto il passato, ma solamente quello che piu’ tornava utile politicamente/etnicamente, andando a ricercare nel periodo romano la giustificazione della presenza-sovranita’ italiana, dimenticando che in questo modo avrebbero potuto rivendicare anche la Gallia. Anche la storia degli elementi della oggettiva presenza italiana nel passato (i romani, il magistrato mercantile, ecc.) non poteva, per i nazionalisti italiani, esistere accanto a quella degli elementi culturali e storici tedeschi, ma al suo posto.
Per quanto riguarda i simboli-normativi, l’ethos, i nazionalisti italiani, visti da alcuni come liberatori e da altri come occupanti, ovviamente non si limitarono ad allargare la sovranita’ dello Stato accanto alla tradizione amministrativa locale basata sull’autogoverno dei Comuni, ma al suo posto. E dopo la liberazione il centralismo/centrismo trentino non applico’ le competenze della Regione accanto a quelle delle Province, ma al loro posto. E dopo l’emanazione dello Statuto del 1972 il centralismo provinciale sudtirolese non applico’ le competenze della Provincia accanto a quelle dei Comuni, ma al loro posto. Fortunatamente le norme religiose, pur impartite in lingue diverse, sono sempre state comuni, e forse questo e’ uno dei motivi per cui la situazione non e’ mai degenerata.
Chi ha sempre voluto imporre esclusivamente i propri simboli, non accanto ma al posti degli altri, pensando che sui pennoni ci sia posto solamente per una bandiera, la propria; che sui cartelli ci sia posto solamente per una toponomastica, la propria; che l’unico ente sovrano debba essere quello dove un gruppo e’ maggioritario, il proprio, alimentando un nazionalismo reciproco e diffusissimo nonostante l’opulenza, nega non solo il passato ma anche il presente ed il futuro di questo territorio.
La lettura della realta’ passata o presente da parte dei nazionalisti e’ sempre selettiva e individua solamente quegli elementi che avvalorano il loro discorso politico, e risultano incapaci di vedere, prima ancora di denunciare, soprusi analoghi subiti dall’altro gruppo da parte dell’amministrazione che parla la propria lingua. In un’epoca nella quale non piu’ la nazione ma la rivendicazione del diritto di autodeterminazione degli stili di vita e’ il vero “plebiscito di ogni giorno”, la nostra autonomia e la sua ricchezza deve moltiplicare le opportunita’, non semplificare la complessita’.
L’accordo di giunta e’ stato discusso e firmato nella sede dell’SVP, anche perche’ sarebbe stato difficile ritrovarsi presso le sedi dei partiti/movimenti italiani di giunta, che spesso hanno il recapito in una casella postale o sono in subaffitto presso le sedi di vecchi partiti, il cui consenso elettorale e’ in caduta libera da vent’anni.
Da vent’anni la maggioranza dell’elettorato altoatesino vota a destra, per un partito etnico, da sempre avversario della Provincia, mentre da sempre la maggior parte dei sudtirolesi vota a destra, per un partito etnico, da sempre avversario dello Stato, la qual cosa sarebbe sufficiente per smentire i corifei dell’autonomia.
Gli attuali assessori sono esponenti di liste con nomi di fantasia, che si ricollegano all’esperienza ex DC ed ex PCI. L’ex DC (ecc. ecc.) 30 anni fa raccoglieva 32.990 voti ed ora ne raccoglie 11.180, moralizzatori della politica compresi. L’ex PCI (ecc. ecc.) 25 anni fa raccoglieva 18.776 voti ed ora ne raccoglie 11.572, cespugli e tontoloni compresi.
Gli italiani erano il 33,3 % della popolazione al censimento del 1971; il 29,4 % della popolazione al censimento del 1981; il 27,6 % della popolazione al censimento del 1991; il 26,5 % della popolazione al censimento del 2001. Ma i dati sulle iscrizioni nelle scuole, che spesso anticipano le dichiarazioni future, danno una percentuale inferiore al 20 %, extracomunitari compresi.
In valori assoluti gli italiani erano 137.759 al censimento del 1971; 123.695 al censimento del 1981; 116.914 al censimento del 1991; 110.206 al censimento del 2001.
I consiglieri provinciali italiani erano 10 su 34 nel 1973, ma, considerando che il consigliere provinciale di lingua tedesca del PCI veniva votato dai militanti italiani fedeli alle indicazioni del partito, gli italiani eleggevano 11 consiglieri; 10 su 34 nel 1978, ma, considerando che all’epoca la maggior parte della militanza e dell’elettorato della Neue Linke/Nuova sinistra era di lingua italiana, gli italiani eleggevano 11 consiglieri; 10 su 35 nel 1983; 9 su 35 nel 1988; 10 su 35 nel 1993; 9 su 35 nel 1998, 7 su 35 nel 2003.
Tra i consiglieri provinciali italiani nel 1973 e nel 1978 9 erano di centrosinistra e 1 del centrodestra; nel 1983 8 e 2; nel 1988 5 e 4; nel 1993 5 e 5; nel 1998 4 e 5; nel 2003 2 e 5.
Che sia anche questo uno dei motivi per cui gli altoatesini si lamentano sempre politicamente, pur vivendo in una provincia/Provincia dove le condizioni materiali di vita sono tra le migliori d’Italia?
Bolzano, 21 dicembre 2003.
Giorgio Delle Donne
1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 28 dicembre 2003.