Ciampi in Alto Adige, 2004

 

Il Capo dello Stato & il Presidente della Repubblica 1

Caro Presidente,

nel corso del Suo mandato Lei ha ricordato piu’ volte l’importanza del sentimento patriottico, visto come sentimento comunitario democratico, per rafforzare il lealismo istituzionale e solidale, che non deve essere confuso con il nazionalismo, che ha sempre combattuto la contaminazione e l’eterogeneita’ culturale.

In Italia lealismo istituzionale e senso civico spesso sono ancora molto carenti, e nelle regioni settentrionali le richieste di regionalismo avanzate a partire dagli anni Novanta spesso non sono risultate ispirate dai principi democratici della sussidiarieta’ e della democrazia, ma dall’egoismo locale e dalle richieste di liberarsi dei tempi e dei costi che lo Stato nazionale ha avuto e sostenuto per decenni e che ora sono visti come un peso che serve sempre meno per rapportarsi con l’Europa ed il sistema/mondo.

In Alto Adige/Suedtirol l’autonomia provinciale – che lo Stato non ha regalato per propria gentile iniziativa, ma e’ stata conquistata con una lotta decennale costata decine di morti e centinaia di attentati terroristici contro lo Stato e contro la Regione da parte della minoranza nazionale – ha garantito sicuramente e giustamente le minoranze nazionali rispetto allo Stato italiano, ma altrettanto sicuramente ed ingiustamente non ha saputo coinvolgere nella gestione dell’autonomia i cittadini di lingua italiana che non si sentono piu’ garantiti dallo Stato e dalla Regione ma non si sentono ancora garantiti dalla Provincia, nella quale i rapporti quantitativi e qualitativi sono invertiti.

Per questo motivo l’autonomia sudtirolese, da Lei vista giustamente come strumento esemplare di tutela delle minoranze nazionali, dovrebbe trasformarsi in uno strumento di autogoverno territoriale in grado di gestire la modernita’, la complessita’ e la diversita’, dando a tutti i gruppi, non solamente alle minoranze nazionali e a quelli statutariamente riconosciuti, ma anche ai cittadini bilingui ed agli “ultimi arrivati”, e a tutti gli individui, che non necessariamente devono schierarsi o identificarsi con un gruppo etnico per potere godere dei diritti civili, la possibilita’ di autodeterminare la propria esistenza, senza che sia la minoranza nazionale/maggioranza locale a decidere, ad esempio, quali siano i rappresentanti politici degli altoatesini da cooptare in giunta, cosa debbano fare gli altoatesini nelle loro scuole, quale toponomastica possano usare.

La nazione ottocentesca vista come comunita’ di destino, di carattere, di luogo e di cultura, con i propri elementi costitutivi simbolici chiari e netti e’ stata una costruzione politico-culturale molto importante, ma sicuramente non esiste piu’. Tutte le realta’ territoriali, anche le piu’ piccole ed apparentemente omogenee, sono caratterizzate da una molteplicita’ di destini, caratteri, luoghi di origine e di transito, culture, storie, ed una mentalita’ interculturale che rispetti e valorizzi le diverse manifestazioni del pluralismo culturale e’ oramai una necessita’ di sopravvivenza oltre che un dovere morale.

“Qui é terra dello Stato italiano, vissuta per antica storia da etnie diverse che hanno diritto di sentirsi ognuna a casa propria”, disse Oscar Luigi Scalfaro nel corso della sua visita ufficiale nel marzo del 1997, ribadendo con forza il principio della definitiva appartenenza territoriale allo Stato italiano della provincia/Provincia di Bolzano, della giusta tutela delle minoranze nazionali e della necessita’ di inquadrare le richieste di trasformazione istituzionale della Regione all’interno del progetto di riforma dello Stato allora in corso di discussione nella Commissione Bicamerale.

Con quell’atteggiamento Scalfaro si poneva nei confronti della realta’ locale piu’ come Capo dello Stato – l’istituzione che, secondo Weber, detiene il monopolio dell’uso della forza legittima – che come Presidente della Repubblica – nel senso delle molteplici istituzioni che governano la cosa pubblica del popolo che, secondo Cicerone, e’ l’aggregato di uomini unito dal consenso dato ad un diritto comune -.

Con lo sviluppo dello stato moderno e la progressiva articolazione dei poteri il senso dei due termini si e’ spesso aggrovigliato e con la formazione degli stati nazionali ottocenteschi si e’ reso indispensabile distinguere tra cittadinanza e nazionalita’, visto che, nonostante le retoriche nazionali, sostanzialmente simili pur nelle loro diversita’, ogni stato comprendeva diversi popoli/nazionalita’, che non sempre esprimevano consenso ad un diritto comune, ma a volte richiedevano anche il diritto di autodeterminazione.

Non a caso furono i socialdemocratici dell’Impero plurinazionale austro-ungarico ad affrontare teoricamente le questioni legate al rapporto tra stato e nazionalita’, superando la concezione naturalistica della nazione come comunita’ di destino, di carattere, di luogo e di cultura ma anche il principio di autodeterminazione dei popoli, visto che gia’ alla fine dell’Ottocento non esistevano piu’ in Europa territori omogenei dal punto di vista nazionale, e, consapevoli che nei diversi territori dell’Impero le stesse nazionalita’ erano a volte maggioranza/dominante ed a volte minoranza/dominata, auspicavano il principio di autonomia personale oltre che di gruppo e territoriale.

Uno degli elementi scaturiti nel dibattito politico locale in seguito alla Sua visita in provincia nel 2001 e’ relativo ai concetti di integrazione e assimilazione, concetti fondamentali da sempre per chi vive in un territorio come questo, concetti che negli ultimi anni, conseguentemente alla mobilita’ territoriale, sono diventati importanti ovunque, ed e’ una vera fortuna per chi vive in questa terra il fatto che queste tematiche, come quelle relative all’identita’, all’autonomia, al federalismo ecc., siano dibattute oramai ovunque, perche’ questo ci consente di affrontare questioni vecchie con strumenti di analisi nuovi.

Bolzano, 09 agosto 2004.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” l’11 agosto 2004.